Sono quasi dieci anni che faccio il dirigente nelle squadre in cui ha giocato mia figlia, ed anche in altre. Ho partecipato a fasi territoriali, abbiamo vinto tornei in provincia di Milano, ho seguito categorie dal minivolley, alla serie D e infine in serie C.

Non ero assolutamente attratto da questo sport fino a quando la mia piccolina (ora maggiorenne…!) e la sua mamma non mi “costrinsero” ad accompagnarle ad un torneo di minivolley. Vedere quelle creature saltare, impegnarsi per mandare la palla oltre la rete, interagire e collaborare per vincere, mi ha riportato al passato: quando ero giocatore di calcio e non c’era niente e nessuno che mi potesse fermare.

Osservavo altri genitori e parenti tifare e pensavo fossero esagerati: alla fine sono dei bambini! Invece anch’io, con il tempo, ho iniziato a capire cosa significa gioire e patire per un punto, per un bell’attacco o una palla fuori di un centimetro.
Con gli altri genitori ho affermato di avere il privilegio di seguire la partita da vicino, gustando ogni istante di un incontro, direttamente in campo e in panchina. Ma c’è il rovescio della medaglia: per il ruolo che ho sempre rivestito, non ho mai potuto vivere le gare dagli spalti, partecipando a quel tifo sano e sfegatato!

Perché la pallavolo?

“Perché impegnarsi per le squadre in cui militano i figli è eccezionale: se non altro si ha una scusa per poter passare il tempo insieme a loro, in questo mondo frenetico dove è difficile ritagliarsi dei momenti per questo!”